Cenni storici

La storia di Cerreto Sannita ha conosciuto tre città che si sono succedute nel corso dei secoli.
- La prima, di epoca sannitico-romana, veniva denominata Cominium e svolgeva un importante ruolo strategico a difesa della valle bagnata dal fiume Titerno.
- La seconda sorse in età medievale ed è conosciuta come la “vecchia Cerreto”, che fu distrutta dal terribile terremoto nel 1688.
- La terza città, quella che conosciamo oggi, è la “nuova Cerreto” completamente ricostruita dopo il terremoto e ultimata in soli otto anni, grazie al contributo dei conti Carafa, signori di Cerreto.
Cominium, centro sannito-romano
Gli storici classici Tito Livio e Polibio citano un villaggio sannita chiamato Cominium che doveva trovarsi sulla cima del monte Cigno e che fu attraversato dall’esercito di Annibale intorno al 200 a.C. Secondo Polibio il generale cartaginese stazionò durante la seconda guerra punica nella pianura sottostante, prima di attaccare la vicina città romana di Telesia.
Alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, Cominium divenne una colonia di Telesia occupata dai Longobardi. È opinione diffusa che il centro venne successivamente raso al suolo dai Saraceni, che nel IX secolo distrussero Telesia, e che i superstiti fondarono un nuovo centro abitato in una località più facilmente difendibile.
Ponte di Annibale
Ponte di epoca romana sul fiume Titerno, dedicato al condottiero che durante la seconda guerra punica stazionò nell’area prima di attaccare Telesia (fonte: Polibio)
La vecchia Cerreto
Il centro nato in epoca medievale viene indicato dagli storici con il nome di ‘Cerreto antica’ o ‘vecchia Cerreto’ per distinguerla dall’attuale ‘nuova Cerreto’, ricostruita dopo il terremoto del 1688.
La prima testimonianza del nuovo borgo risale all’anno 972. L’antica città era sorta a poca distanza da quella attuale, sopra una collina cinta da mura fortificate alla cui sommità vi era il castello dei Sanframondo, la casata che dopo la conquista normanna governò queste terre sino alla metà del XV secolo.
Tra il Trecento e il Quattrocento l’antica Cerreto diventò uno dei borghi più floridi e popolati del territorio, anche grazie allo spopolamento della vicina Telesia dopo il disastroso terremoto del 1349.
Il borgo contava su almeno quattro chiese di rilievo, un convento di frati francescani, il monastero delle Clarisse, ed era sede di attività economiche e di uffici pubblici tanto da essere riconosciuta come “città” dal Re di Napoli nel 1480, con questa motivazione:
«[…] capo della contea, illustre per la nobiltà dei cittadini possessori di feudi, dovizioso per le ricchezze, ameno per l’aria, fertile per li terreni. Riguardevole per la magnificenza delle chiese e conventi, ornato di case palaziali […].
Con l’arrivo degli Aragonesi la città passo di mano ai conti Carafa di Napoli, sodali del nuovo re Ferdinando I, che mantennero il controllo della città per oltre tre secoli. Con i Carafa l’antica Cerreto conobbe un notevole sviluppo economico e la nascita di una ricca borghesia di mercanti, cresciuta grazie ai possedimenti di bestiame, all’industria e al commercio dei panni di lana. Secondo alcuni storici la sola comunità cerretese poteva contare su circa duecentomila pecore, molte delle quali migravano annualmente in Puglia per la transumanza, favorendo proficui scambi commerciali che sono testimoniati anche da alcune ceramiche esposte al museo.
Nel Seicento Cerreto Sannita era una cittadina economicamente florida, diventata nel frattempo sede vescovile e ricca di opifici, fabbriche e attività commerciali (tra cui le prime botteghe ceramiche). La sua popolazione, alla quale la famiglia Carafa aveva riconosciuto autonomia amministrativa e giudiziaria, arrivava a contare circa ottomila abitanti, ignari della tragedia che li attendeva intorno alla fine del secolo.

Torrione medievale
I ruderi del torrione sono uno dei pochi resti visibili di Cerreto antica, sulla collina poco lontana dall’attuale centro abitato
La nuova Cerreto, “città di fondazione”
Il 5 giugno 1688 un catastrofico terremoto interessò tutto il Sannio e rase completamente al suolo la Cerreto medievale, uccidendo metà della sua popolazione. Ancora una volta i cerretesi si trovarono di fronte ad un evento che cambiò drammaticamente le sorti della propria città e di nuovo furono costretti a scegliere come reagire. Decisivo fu l’intervento della famiglia Carafa, che da due secoli reggeva le sorti del feudo locale: il conte Marzio stabilì di abbandonare il vecchio abitato e di ricostruire una nuova città a valle, su un terreno più stabile e con un disegno completamente nuovo.
La nuova Cerreto nacque dunque come “città di fondazione”, termine che individua quei centri che nascono ex novo e in breve tempo, sulla base di una precisa volontà politica e di un chiaro progetto urbanistico, spesso incentrato su significati simbolici e modelli ideali. Per questo viene definita anche “città ideale” o ancor meglio “città pensata”, per il suo disegno regolare e armonico e l’impianto urbanistico razionale, simmetrico e ordinato.
«Il Settecento che altrove rimodellò il volto di paesi e città, regalando dove una chiesa, dove un palazzo, a Cerreto realizzò un’opera completa, capace di sorprendere anche il più esigente dei visitatori».
Guido Piovene, “Viaggio in Italia” – 1957
Il progetto fu ‘pensato’ dal Regio ingegnere Giovan Battista Manna, assieme al conte Marzio e a suo fratello Marino, seguendo criteri di costruzione all’epoca considerati moderni e antisismici; al contempo furono ascoltate le esigenze della popolazione agricola, delle imprese manifatturiere, dei ceti operai e dei piccoli professionisti.
Il risultato fu una città dalla pianta a scacchiera, con strade parallele tracciate con il righello, isolati ben squadrati e destinati a precise funzioni, edifici bassi, marciapiedi larghi, ampie vie di fuga e piazze dove la popolazione poteva raccogliersi in caso di scosse. Ancora oggi Cerreto rivela il suo disegno chiaro e razionale di città aperta, senza mura, con incroci ad angolo retto, palazzi staccati l’uno dall’altro, edifici con al massimo due piani, muri di pietre squadrate e le architetture pubbliche sistemate alle due estremità e al centro dell’asse principale, oggi chiamato Corso Marzio Carafa.

La nuova Cerreto fu ricostruita in soli otto anni: un risultato frutto di un progetto semplice e innovativo ma soprattutto della determinazione dalla famiglia Carafa, che promosse con energia l’edificazione della nuova città per scongiurare il collasso della sua economia.
Ai cerretesi meno abbienti, che nel terremoto avevano perso tutti i loro beni, il conte Marzio concesse prestiti agevolati purché realizzassero case piccole e in breve tempo, mentre da Napoli richiamò numerose maestranze incentivandoli con sconti sulle tasse. La ricostruzione fece di Cerreto un grande cantiere che attirò nuova popolazione, insieme ad artigiani e operai qualificati. In quella florida congiuntura si sviluppò anche l’attività dei nuovi maestri ceramisti giunti da Napoli, segnando l’avvio di un artigianato di notevole qualità e la nascita della tradizione ceramica cerretese.