La tradizione ceramica

La tradizione ceramica accompagna da secoli la storia di Cerreto Sannita e ancora oggi ne contraddistingue l’identità.

La vitalità artistica della comunità cerretese si incontra nelle architetture e negli arredi urbani, nella produzione delle botteghe locali, nell’azione formativa dell’Istituto Carafa-Giustiniani, nell’attività di ricerca e divulgazione degli studiosi e delle associazioni cittadine, nelle mostre, negli incontri di studio e nelle tante iniziative di valorizzazione che si susseguono da anni.

La lavorazione della ceramica è un’eccellenza riconosciuta della città, come testimoniato dall’attribuzione del marchio “Ceramica Artistica Tradizionale” e dal coinvolgimento nell’Associazione Italiana Città della Ceramica (AiCC), di cui il comune sannita è stato socio fondatore nel 1999.

 

Storia della tradizione ceramica 

La produzione ceramica nel territorio di Cerreto ha origini lontane. Sin dalla Preistoria i suoi boschi e i corsi d’acqua fornivano le materie prime per realizzare manufatti in argilla, come attestato dal ritrovamento di un forno di età neolitica destinato alla cottura di oggetti di creta.

La tradizione è continuata in epoca medievale, quando nella vecchia Cerreto apparvero le prime botteghe di vasai, pignatari e rovagnari (produttori di stoviglie). I prodotti realizzati erano soprattutto terrecotte, che raramente venivano smaltati all’interno, per evitare lo spreco del prezioso rivestimento.

Ma fu dopo il terribile terremoto del 1688 che ebbe inizio il periodo il periodo più florido per la ceramica cerretese. La ricostruzione della nuova Cerreto attirò in città numerosi maestri napoletani che contribuirono a rinnovare l’attività artigianale, allontanandosi dai canoni dell’arte popolare per avvicinarsi ad una produzione più colta e raffinata. Il Settecento fu l’epoca d’oro in cui si definirono i motivi decorativi, le forme e i colori che ancora oggi la caratterizzano.

Nel corso dell’Ottocento la produzione attraversò un periodo di declino ma nel Novecento riprese con maggior vigore, grazie al rinnovato interesse di storici e collezionisti.

A partire dalla metà del XX secolo la tradizione ceramica ha avuto un nuovo impulso anche grazie ai primi studi scientifici sulla produzione locale e all’istituzione della Scuola d’Arte. Le attività di riscoperta e di valorizzazione si sono intensificate negli ultimi decenni, come testimoniano la nascita del museo nel 1993, l’istituzione della “Biennale di arte ceramica contemporanea”, la Rassegna “Presepiarte” e le edizioni di “Buongiorno Ceramica”, oltre alle numerose iniziative promosse da istituzioni e associazioni nazionali e locali.

Oggi la ceramica di Cerreto Sannita ha saputo rinnovare la tradizione con un’attenta ricerca, innovando sia i processi produttivi che i prodotti. Con grande merito di istituzioni, scuole, artigiani e botteghe non si realizza più soltanto ceramica tradizionale ma si è aperto alla ricerca, all’innovazione, al design, inserendosi a pieno titolo nel settore dell’artigianato artistico italiano.

 

Stili, forme e colori della tradizione

Il periodo d’oro della ceramica cerretese cominciò dopo il terremoto del 1688, quando la lavorazione delle maioliche conobbe un grande impulso introducendo forme, stili e tecniche originali che furono alla base della tradizione locale per come la conosciamo oggi.

In quell’epoca d’oro, tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700, le botteghe di Cerreto Sannita si inserirono nel clima culturale della Napoli barocca, riproponendo modelli e tipologie partenopee ma con uno stile nuovo ed esuberante, dal gusto naturalistico e dai colori vivaci.

I decori di maggior pregio furono quelli paesaggistici e animalistici delle anfore e delle giare, oltre ad angioletti e cherubini tipici dell’iconografia barocca. Con il rococò apparvero vivaci motivi a cineserie, floreali e di influenza francese. Il neoclassico portò all’imitazione di modelli antichi come le nature morte e i festoni napoletani e pompeiani, che ispiravano i decori a fiori e frutti.

Tra le forme spiccavano le famose acquasantiere, le ‘riggiole’, gli albarelli da farmacia, i piatti da parata, rivelando la capacità e la grande vitalità artistica dei maestri locali.

Nell’Ottocento la produzione prevalente fu costituita da zuppiere o da oggetti commissionati in occasione di fidanzamenti – o di rottura del fidanzamento stesso -, di sponsalia e di matrimoni: anfore ‘amatorie’ e piatti con le iniziali dei coniugi. Una presenza insolita furono i vassoietti del tipo mancerinas di Spagna, oggetti molto raffinati per servire l’aristocratica cioccolata con biscottini. In Italia furono molto rari e quasi sempre di importazione, per cui stupisce che si lavorassero a Cerreto e in foggia rustica.

Queste opere dalle forme raffinate e dalle raffigurazioni ricercate spiccavano per i colori vibranti nei toni del verde, del giallo, dell’arancio e soprattutto del caratteristico blu cobalto dal chiaroscuro turchino noto come ‘blu cerreto’. In questa tavolozza ideale non era raro ritrovare anche l’utilizzo del colore manganese virato dal nero al violaceo.

La ceramica cerretese contemporanea ha assorbito in pieno la storica tradizione cerretese, della quale ha saputo conservare, tramandare e valorizzare stili, motivi, forme e decorazioni. Affianco alla ricca produzione di opere “a imitazione” di quelle antiche, gli artigiani e i maestri locali hanno saputo introdurre elementi di ricerca e innovazione pur garantendo manufatti di elevata qualità artistica, la cui decorazione avviene solo attraverso processi di lavorazione manuale, come previsto dal Disciplinare. Una produzione che non di rado supera le caratteristiche dell’artigianato per avvicinarsi al mondo dell’arte.

I colori di Cerreto
Le ceramiche spiccano per i colori vibranti nei toni del verde, del giallo, dell’arancio e soprattutto del caratteristico blu cobalto dal chiaroscuro turchino noto come ‘blu cerreto’.

I padri della tradizione

Con la ricostruzione della nuova città di Cerreto dopo il terremoto del 1688, la produzione ceramica ebbe una notevole spinta innovativa in seguito all’arrivo di artisti napoletani attratti da nuove opportunità lavorative e dalla possibilità di essere esentati da alcune tasse. Tornianti, modellatori, faenzari e decoratori furono i promotori di una nuova tradizione, introducendo forme, stili e tecniche di lavorazione originali. Alcuni ceramisti si stabilirono anche nella vicina San Lorenzello, il cui territorio offriva risorse utili ed immediate per le loro lavorazioni.

Fra i nomi più importanti di questo periodo vi è Nicolò Russo, arrivato da Napoli nel 1693 e considerato il padre di generazioni di ceramisti. Nella sua fabbrica si formarono faenzari di particolare bravura come i Festa, i Giustiniani, i Marchitto. Furono questi artigiani a portare a Cerreto le tecniche e lo stile della manifattura di Capodimonte, rinnovando e ammodernando il repertorio decorativo dei manufatti prodotti in loco, dai piatti da pompa ai vasi da farmacia, e poi brocche, acquasantiere, orci, anfore, lavabi, zuppiere, ‘riggiole’ (mattonelle) decorate con temi religiosi o paesaggistici.

Dopo i primi decenni del XVIII secolo – terminata la ricostruzione – la maggior parte delle nuove generazioni di ceramisti sentì il bisogno di trasferirsi altrove, ripercorrendo all’inverso le orme dei loro padri. I casi più conosciuti sono quelli di Nicola Giustiniani e di Tommaso Marchitto che, dopo essersi trasferiti a Napoli, fonderanno due importanti fabbriche di ceramica.